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Autore: Fornace

Colesterolo elevato e rischio cardiometabolico

Colesterolo elevato e rischio cardiometabolico

Stile di vita, alimentazione e integrazione nutraceutica per il benessere delle arterie

Ognuno di noi ha l’età delle proprie arterie. Uno stile di vita che minimizzi lo stress e lasci il giusto spazio al sonno notturno, un’alimentazione povera di grassi animali, la pratica regolare di attività motoria, il controllo della pressione arteriosa e dei grassi nel sangue, preservano l’integrità e la piena efficienza dell’apparato cardiometabolico. In particolare, alcuni integratori alimentari possono contribuire a mantenere il metabolismo dei grassi, riducendo in tal modo il rischio di disturbi cardiovascolari.

Ipercolesterolemia come fattore di rischio

Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nei Paesi occidentali. Tra i fattori di rischio cardiovascolare che possono essere modificati, oltre allo stile di vita sedentario e all’alimentazione non salutare, uno dei principali è rappresentato dall’ipercolesterolemia.

La frazione LDL del colesterolo totale è un fattore di rischio causale e cumulativo sul rischio cardiovascolare. Questo significa che ridurre di poco, ma per molto tempo, la frazione LDL del colesterolo ha un effetto migliore sulla prevenzione del rischio cardiovascolare rispetto a una riduzione più elevata ma per un intervallo di tempo più breve. 1

Quando la concentrazione del colesterolo-LDL nel sangue è elevata, esso si deposita sulla parete delle arterie dove forma delle placche che ostruiscono lentamente i vasi, riducendo il flusso di sangue ai tessuti. Al contrario le HDL formano la frazione di colesterolo che favorisce la rimozione e la pulizia di grassi dalla parete vascolare.

Una volta innescato il meccanismo della placca aterosclerotica, l’ossidazione dei grassi provocata dai radicali liberi altera la superficie interna dei vasi, innescando una reazione infiammatoria con il deposito di piastrine che porta alla formazione di piccoli trombi. Il flusso di sangue viene ulteriormente ridotto e nelle forme più gravi addirittura impedito. 2

Consigli

Si è calcolato che abbassando il colesterolo del 10% sulla popolazione generale, si ridurrebbe del 20-30% l’incidenza di malattie coronariche. Le misure consigliate3 per contribuire a tenere il colesterolo sotto controllo comprendono: 

  1. misurare il colesterolo;
  2. evitare il sovrappeso e l’obesità;
  3. ridurre gli zuccheri;
  4. limitare i grassi animali;
  5. seguire una dieta ricca di fibre;
  6. praticare attività fisica con regolarità;
  7. supportare il metabolismo dei grassi con il consumo di integratori alimentari.

Di seguito, alcune sostanze utili per il controllo del colesterolo.

Monacolina K e Bergamotto

La Monacolina K, presente nel riso rosso fermentato, inibisce l’HMG-CoA reduttasi, l’enzima chiave nella sintesi del colesterolo.4 Il Bergamotto, agrume ricco di flavonoidi, mantiene il fisiologico metabolismo del colesterolo, limita il trasporto del colesterolo nel sangue, manifesta un’azione antiossidante, aumenta la biodisponibilità di Monacolina K. Il Bergamotto in associazione con la Monacolina K ha un’azione sinergica nell’inibire l’HMG-CoA reduttasi e limitare la sintesi epatica del colesterolo. 5

Berberina

La Berberina, alcaloide vegetale, favorisce il metabolismo del colesterolo. Aiuta a mantenere normali i livelli di colesterolo e a regolare la funzionalità dell’apparato cardiovascolare. 6

Coenzima Q10 e Vitamina K2

Il Coenzima Q10, agisce inoltre sui radicali liberi e previene il danno da stress ossidativo. La Vitamina K2 aiuta a ridurre la formazione delle placche aterosclerotiche mobilizzando verso le ossa il calcio circolante. 7

Mix di principi attivi

Le società scientifiche tra cui ESC/EAS, Siaprect e altre raccomandano l’adozione di mix di attivi rispetto a prodotti con un solo componente funzionale, con tre obiettivi:

  • agire attraverso diversi meccanismi d’azione;
  • ottimizzare l’abbassamento dei livelli di colesterolo a opera di ciascun componente;
  • ridurre il dosaggio dei singoli attivi e ridurre di conseguenza gli eventuali eventi avversi degli stessi.

Scelta dei principi attivi, qualità e tecnica farmaceutica sono elementi imprescindibili per avere un’offerta nutraceutica che si traduca in un risultato sul mantenimento dei lipidi plasmatici. 8

Sulla base delle raccomandazioni della comunità scientifica, possiamo concludere dicendo che l’offerta nutraceutica trova un razionale d’uso nei soggetti con dislipidemie lievi e moderate e nei soggetti che, nonostante gli stili di vita corretti, non riescano ad arrivare ai target raccomandati di colesterolo LDL.


1 Jama Cardiolo. Doi: 10.1001/jamacardio.2021.3508 – published online september 22.2021.

2 Ibrahim MA et al., Hypercholesterolemia. 2023 Apr 23. In: StatPearls (Internet). Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2024 Jan.

3 Mach F et al. 2019 ESC/EAS Guidelines for the management of dyslipidaemias: lipid modification to reduce cardiovascular risk. European Heart Journal, Volume 41, Issue 1, 1 January 2020, Pages 111–188.

4 Minamizuka T. et al., Low dose red yeast rice with monacolin K lowers LDL cholesterol and blood pressure in Japanese with mild dyslipidemia: A multicenter, randomized trial. Asia Pac J Clin Nutr. 2021 Sep;30(3):424-435.

5 Giglio RV. Et al., The effect of bergamot on dyslipidemia. Phytomedicine 2016 Oct 15;23(11):1175-81.

6 Bertuccioli A. et al., Berberine and dyslipidemia: different applications and biopharmaceutical formulations without statin-like molecules – A meta-analysis. J Med Food. 2020 Feb 23(2):101-113.

7 Banach M et al. The Role of Nutraceuticals in Statin Intolerant Patients. J Am Coll Cardiol. 2018, Jul 3;72(1):96-118.
Cicero AFG et al. Lipid lowering nutraceuticals in clinical practice: position paper from an International Lipid. Expert Panel Arch Med Sci. 2017. 13, 5: 965–1005.
Liu J et al. Chinese red yeast rice (Monascus purpureus) for primary hyperlipidemia: a meta-analysis of randomized controlled trials. Chinese Medicine. 2006, 1:4.

8 Natale F. et al., Management of hypercholesterolemic subjects at low-to-moderate cardiovascular risk: when the nutraceuticals might be of help for the cardiologist: the MINICAR Study. Cardiologiaambulatoriale.eu 2023, 3: 285-298.

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Microbiota intestinale, benessere personale

Microbiota intestinale, benessere personale

L’importanza di equilibrio e biodiversità del microbiota per la qualità della vita

L’apparato gastrointestinale è colonizzato da microrganismi che vivono in simbiosi, ricavando nutrimento per sé stessi e assicurando numerosi benefici all’organismo ospite. L’insieme di questi microrganismi che rivestono la mucosa intestinale comprende miliardi di batteri, appartenenti a oltre 400 specie diverse in equilibrio tra loro, e forma un vero e proprio organo, definito “microbiota”.

Il microbiota assicura numerose attività vitali:

  • protegge l’intestino dagli agenti esterni;
  • favorisce la digestione degli alimenti;
  • regola la funzione intestinale;
  • produce vitamine essenziali per la salute;
  • elimina scorie e sostanze potenzialmente dannose;
  • mantiene attive le difese del sistema immunitario, contribuendo in maniera determinante al ripristino e al mantenimento dello stato di salute e di benessere generale.

“Microbioma” è invece la parola che indica la totalità dei geni dei nostri microbi. Nell’ultimo decennio, la biologia molecolare ha cominciato a svelare i segreti di questo universo invisibile.1

Per saperne di più, scarica Il microbiota intestinale e il suo linguaggio, il Dizionario del Microbiota di Wellmicro

Eubiosi e disbiosi

Mentre l’eubiosi è la condizione di equilibrio del microbiota intestinale, favorevole allo stato di salute e benessere dell’organismo, la disbiosi è l’alterazione del microbiota fisiologico che viene sostituito da batteri patogeni (actinomiceti, streptomiceti, clostridi, Candida).

La disbiosi presenta 3 caratteristiche:

  1. proliferazione di batteri, virus o funghi patogeni;
  2. perdita della biodiversità;
  3. perdita di batteri benefici.

Si manifesta con disturbi gastrointestinali (alitosi, meteorismo, tensione addominale, alterazione del transito intestinale, intolleranze alimentari) e generali (stanchezza, ipereccitabilità, tensione muscolare, tensione alla testa, problemi dermatologici, disfunzioni urinarie, alterazione della funzione immunitaria, sovrappeso, alterazioni del metabolismo). Può essere corretta mediante opportune modificazioni dello stile di vita, delle abitudini alimentari e con l’assunzione di probiotici.2

Introduzione del Prof. Giovanni Marasco alle strategie per mantenere in equilibrio il microbiota, da prima della nascita fino all’età avanzata

Conoscere il proprio microbiota

L’essere umano e il suo microbiota sono un tutt’uno, pertanto la cura di sé deve tenere in considerazione l’importanza dell’intestino, dove il microbiota costituisce la chiave di volta per la salute e il benessere.

Attualmente è possibile, a partire da un campione fecale, eseguire un’analisi completa e personalizzata della composizione batterica e micotica del microbiota. Conoscere la composizione del proprio microbiota intestinale diventa uno strumento chiave per pianificare un corretto approccio nutrizionale personalizzato, al fine di preservare o migliorare lo stato di salute.

Una maggiore comprensione del microbiota intestinale può guidare verso una dieta mirata e consapevole. Alcuni alimenti, infatti, come i fermentati o quelli ricchi di fibre, favoriscono la crescita di batteri benefici per la salute, mentre una dieta povera di nutrienti essenziali potrebbe favorire lo squilibrio del microbiota.

In caso di disbiosi, inoltre, l’analisi del microbiota contribuisce alla scelta personalizzata di probiotici, per ristabilire l’equilibrio del microbiota intestinale.3


1 Thursby E., Juge N., Introduction to the human gut microbiota. Biochem J. 2017 May 16;474(11)1823-1836.

2 Iebba V. et al., Eubiosis and dysbiosis: the two sides of the microbiota. New Microbiol. 2016 Jan;39(1):1-12.

3 Thomas V. et al., Fecal microbioma analysis: an overview of sample collection methods and sequencing strategies. Future Microbiol. 2015;10(9):1485-504.

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